Una bella pagina di politica, continuiamo #insieme

Una bella pagina di politica, continuiamo #insieme

Il discorso del 2 ottobre, in occasione dell’incontro con i candidati – eletti e non eletti – delle cinque liste che hanno sostenuto la mia candidatura.

Grazie a tutti.
È bello constatare come una campagna elettorale considerata dai più perdente – mai ho sentito tante volte e da tante parti ripetere la battuta “mission impossible” – possa aver suscitato tanto entusiasmo, tante speranze, tanta voglia di esserci.
Ma, lasciatemelo dire… come si usa: col cuore in mano. È ancora più bello ed emozionante vedere come una campagna elettorale persa continui ad animare gli animi, a tenere in vita tante attese, a immaginare tante opportunità.
Ma è quello che ci è capitato e ci sta capitando in questa avvincente, quanto difficile, stagione della nostra vita personale e politica.
Non lasciamola cadere!

Che abbiamo perso è inconfutabile. E le ragioni ci sono. A cominciare da quelle che potremo definire, extra-politiche, che abbiamo subìto e il cui effetto sul voto è stato rilevante. Innanzitutto il Covid, che, come scrive il professor Feltrin, ha favorito chi governa, perché di fronte alla paura e all’insicurezza, ci si stringe attorno a chi, bene o male, ha il potere di decidere.
Tanto più se chi governa utilizza spregiudicatamente questo potere, come si è visto da noi nelle ultime settimane, con inaugurazioni, concessioni, riparazioni. E, se è pur vero che, come abbiamo detto in campagna elettorale “asfaltare non è governare”, resta il fatto che elettoralmente paga.

Il Covid ha anche segnato i tempi troppo stretti della campagna elettorale, iniziata di fatto l’1 settembre, che hanno impedito, in 20 giorni, il pieno dispiegarsi della nostra iniziativa, che, diciamo la verità, è stata un crescendo.

Infine, le risorse a nostra disposizione non erano minimamente paragonabili a quelle messe in campo dall’altra parte.
C’è da chiedersi se la grande maggioranza dei cittadini che hanno votato per la riduzione dei parlamentari con l’idea di ridurre i costi della politica, ha chiaro cosa significa l’assenza di par condicio finanziaria in campagna elettorale e ci chiediamo se ci saranno i dovuti controlli sul rispetto dei limiti di spesa che la legge elettorale prevede.

Ma ci sono anche ragioni politiche, la principale delle quali è la frammentarietà del fronte anti Brugnaro. Sette candidati sindaci – che più o meno aravano gli stessi campi – contro uno, sono troppi. E, se pure riconosciamogli i risultati raggiunti dalle liste minori, chiediamoci, a futura memoria, se questa è stata la strada giusta.
Io ho provato, subito, appena designato alla candidatura, a tessere una rete unitaria. Ma erano troppe le divisioni e le incrostazioni, i personalismi, per solo ipotizzare un fronte comune già al primo turno. C’è un proverbio lucano che dice: “meno siamo più belli sembriamo”…

Erano queste divisioni davvero tali da pregiudicare la opportunità di cogliere la grande posta in gioco?
La verità è che tutti, partendo da quella considerazione diffusa che eravamo perdenti, abbiamo pensato che il miglior obiettivo era il ballottaggio e che, pertanto, più eravamo meglio era.
Ma è giusto anche chiedersi, se un fonte unito, in nome di una Venezia che cambia, non avrebbe dato agli elettori, magari agli indecisi, quella spinta in più… soprattutto alla luce di quel 46% raggiunto tutti insieme, ma divisi, che per poco non ci ha fatto realizzare l’obiettivo.
I nostri avversari, infatti, pur divisi ancor più clamorosamente di noi (basti pensare alle divisioni interne alla Lega e alla posizione della Lega di Salvini versus i Fucsia), hanno capitalizzato le loro differenze; hanno stretto un’alleanza preventiva che ha dato solidità alla loro coalizione.

Dico ciò, non per piangere sul latte versato, ma in ragione del lavoro che ci attende in Consiglio comunale e in città.
Ma, è bene dircelo subito per sciogliere questo nodo, la domanda giusta, preventiva a qualsiasi ipotesi di unità delle opposizioni, è, a questo punto, che tipo di opposizione si vuole fare.
Se ciò che unisce farà premio su ciò che divide.
Se ci fermeremo alla testimonianza del no o incalzeremo il Sindaco e la giunta sui progetti, su quella idea di città sostenibile e a misura dei cittadini che, con troppi distinguo, ci ha visto protagonisti in questi mesi.
E, infine, ma non ultimo, se, terminata questa transizione che ci attende, ma anche durante, sapremo fare, tutti, un passo indietro per dare spazio a nuove persone, a una nuova classe dirigente per la nostra città?

Non dobbiamo, però, ignorare le ragioni che dipendono da noi. I troppi ritardi e incertezze nelle scelte delle candidature, le debolezze e le mancanze nei rapporti sociali e politici nei territori, le divisioni e le contraddittorietà di lunga durata su questioni nodali della vita cittadina.

Ma, soprattutto, le delusioni e le disaffezioni persistenti a causa di errori passati e sfiducia sulle possibilità di cambiare.

E sono questi due (delusioni e sfiducia) i punti da cui ripartire nella nostra riflessione ed azione, prima ancora delle relazioni e dei contenuti. Perché solo capendo il perché di questi sentimenti profondi riusciremo ad essere riconosciuti come una alternativa valida e credibile anche nei programmi e nelle proposte. Ci vorrà tempo, ma dobbiamo cominciare subito.

Alla delusione del passato opponiamo la coerenza delle nostre scelte. Se siamo qui è perché non molliamo. Perché siamo una squadra, perché questo è solo l’inizio di un percorso che ci porterà, che vi porterà, a Ca’ Farsetti.

Più complessa invece è la sfiducia, che è alimentata da quella sindrome da “tanto ormai” che abbiamo sentito spesso negli elettori di ogni schieramento. Tanto ormai le cose non cambiano, tanto ormai non ne vale la pena, tanto ormai il risultato è scontato. L’ho ripetuto più volte in queste settimane e lo dico ancora più convinto ora: quello che dobbiamo sconfiggere nel lavoro che ci attende (perché un lavoro “insieme” ci attende!) è questo sentimento diffuso che però contrasta con la domanda di cambiamento che, lo abbiamo constatato, è più diffusa di quanto si veda.

E il voto ce lo dice. Abbiamo sì perso elettoralmente, ma abbiamo intercettato un popolo disorientato che , in buona parte non ci ha ancora votato, ma ci ha osservato con attenzione diversa dal passato.

Sia chiaro la sconfitta (ogni sconfitta) brucia. Non fingiamo tra noi. Forse all’inizio no, ma mano a mano che la adrenalina saliva ci abbiamo in molti sperato. E abbiamo fatto bene, perché era possibile farcela. Le scomposte reazioni di esultanza del Sindaco di fronte al risultato ce lo dimostrano. Anche la grave e inaccettabile battuta sul voto nella città storica ci dice quanta fosse la preoccupazione nelle file avversari e quanto quel risultato abbia infastidito chi pensava di essere il solo giocatore in campo.

I 5200 voti circa che hanno consentito a Brugnaro di evitare il ballottaggio – e poi sarebbe stata tutta un’altra storia – stanno lì a ricordarci sia la sconfitta, ma anche il valore della nostra impresa.

Un’impresa che ci consegna grandi responsabilità. Abbiamo, come ho detto all’inizio, acceso speranze e liberato energie; suscitato attenzioni e provocato attese.
È stata una battaglia necessaria e giusta. Abbiamo zappato un terreno che era fertile, ma ormai arido e abbiamo seminato. Ora dobbiamo coltivare… i frutti li vedremo crescere di giorno in giorno e ci sarà tra voi chi li coglierà e quel giorno li gusteremo insieme.

Come sapete non avevo preventivato questa mia candidatura; ma, a conti fatti, ringrazio chi mi ha chiesto di candidarmi e tutti voi di aver accolto con disponibilità la mia presenza.
Ringrazio tutti quelli che mi hanno aiutato, la coalizione, i volontari, lo staff che mi è stato vicino in ogni momento, i consulenti, e, il solo che cito per nome, Lorenzo dell’Officina del gusto, che ci ha sopportati e accuditi.
È stata una bellissima esperienza personale: politica e umana.

Come avete visto l’ho presa sul serio. Ed era giusto così.
Ho cercato di dare il mio contributo ad una giusta causa e, se non altro, penso di essere riuscito a rendere vera la partita. Quando ho annunciato a Roma la mia candidatura qualcuno mi ha detto: é come Spal contro Juventus.
No, non è andata così; abbiamo reso questa partita un derby vero e politicamente alla pari.

Ma ora guardiamo avanti. Per quanto mi riguarda, io ci sono. Avevo detto che nel caso di vittoria avrei mollato tutto per dedicarmi a pieno tempo alla città e nel caso di non vittoria sarei rimasto in Consiglio comunale pur mantenendo l’incarico di governo. Ma ho anche aggiunto che se vincevamo avrei fatto il capitano e in caso contrario avrei fatto l’allenatore. Confermo entrambi gli impegni: resto in consiglio e mi adopero per far crescere la squadra.

Una squadra che non si risolve solo negli eletti, sia in consiglio che nelle municipalità, ai quali va tutto il mio e il nostro augurio, ma che coinvolge i molti non eletti che hanno dato un forte contributo, i molti militanti che hanno lavorato, ma che si apre anche a tutti coloro che vogliono contribuire alla nuova stagione della politica veneziana.

Per questo daremo vita ad un contenitore di idee e di iniziative. #insieme è diventato un riferimento che può continuare per raccogliere idee e persone e proporre iniziative, perché non è più solo una sigla, uno slogan elettorale riuscito, ma è diventato un sentimento e una politica.

Abbiamo scritto insieme una bella pagina della politica veneziana e suonato una buona musica. Ma molte pagine, molti spartiti, la maggior parte, sono ancora bianchi, tutti da scrivere. Continuiamo a suonare questa musica e scriviamo queste pagine. Facciamolo, Venezia ne ha bisogno e merita di più.
Facciamolo, facciamolo insieme.

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